Il punto di vista delle Associazioni dei pazienti: “Ecco i nostri bisogni insoddisfatti”

Francesco Diomede, Segretario nazionale Associazione Italiani Stomizzati (Aistom)
“Per i pazienti con tumore del colon-retto in fase avanzata, sarebbe molto importante avere accesso ai trattamenti che salvaguardino l’efficacia delle cure e la qualità di vita dei pazienti, il cui percorso di cura potrebbe essere migliorato con le terapie domiciliari. I pazienti oncologici affetti da cancro del colon-retto hanno dovuto affrontare numerose difficoltà nel periodo di emergenza sanitaria da Covid-19, in quanto molti reparti di oncologia sono stati chiusi o riconvertiti. Molti pazienti in questo periodo sono deceduti, come hanno evidenziato le Società scientifiche del settore oncologico. Naturalmente questo è stato un aspetto molto serio e drammatico. Al numero verde della nostra Associazione sono arrivate centinaia di telefonate di pazienti che chiedevano informazioni e consigli. Tutti noi ci siamo adoperati con le nostre stomatoterapiste e i medici per soddisfare le esigenze e le richieste dei pazienti. Soprattutto per i malati in fase avanzata, l’accesso a terapie innovative è un aspetto cruciale, infatti la terapia ha lo scopo di tenere sotto controllo la malattia e garantire una buona qualità della vita, in particolare in un momento di emergenza sanitaria come quello che viviamo”.

Roberta Di Pietro, Associazione Pierluigi Natalucci Insieme per l’Arte e la Scienza
“L’assistenza domiciliare è un diritto che dovrebbe essere garantito su tutto il territorio nazionale ma che presenta oggi una organizzazione e una diffusione non omogenea, essendo una best practice in alcune Regioni del Centro-Nord e, invece, presentando un ritardo strutturale e lacune in molte Regioni del Centro-Sud. Con l’allungamento della sopravvivenza nei pazienti oncologici è stato riportato che nel 2040 si assisterà ad un incremento del 25%-40% delle persone bisognose di cure palliative, specie nella popolazione al di sopra degli 85 anni. Quindi, la possibilità di poter usufruire di una assistenza quotidiana diagnostica e terapeutica presso il proprio domicilio da parte di un team multidisciplinare che comprenda personale infermieristico e medico oltre che psicologo e fisioterapista, rappresenterebbe una grande opportunità di miglioramento della qualità della vita nei pazienti cronici e terminali e dei loro parenti, oltre a comportare un risparmio di ben il 45% dei costi relativi all’ultimo mese di vita, come si evince da un recente studio americano”.

Luisa Draghetti, NET Italy Onlus
“Purtroppo ancora oggi ci troviamo ad affrontare tanti problemi a livello di inclusione sociale e lavorativa per i pazienti oncologici. Quella del lavoro è una dimensione fondamentale per la qualità della vita e anche per la loro dignità. Ma molto spesso invece a seguito di una diagnosi di tumore, il paziente deve affrontare pure la perdita della sua attività professionale. Il NET, tumore neuroendocrino, colpisce anche il tratto gastrointestinale limitando molto la vita sociale e lavorativa del paziente perché crea disagio nella quotidianità. Si tratta di un tumore raro e la scarsa conoscenza di questa patologia non facilita le cose, anche perché il paziente apparentemente sembra star bene, non ha segni fisici evidenti e quindi diventa difficile chiedere permessi o un più adeguato carico di lavoro o di essere avvicinati alla propria residenza. Questo accade anche per il riconoscimento dei propri diritti come l’invalidità. Non si comprende la gravità della situazione ed è al tempo stesso arduo convivere con queste patologie ogni giorno. Il paziente combatte con chi, in realtà, dovrebbe assicurargli un aiuto, in primo luogo le istituzioni e l’ambiente di lavoro”.

Isabella Francisetti, Associazione malati oncologici Colon-retto (Amoc)
“La stragrande maggioranza dei pazienti al loro primo accesso in un day hospital vorrebbero delle risposte definite sulla base di programmi di alimentazione da seguire nel corso delle cure. Purtroppo spesso queste risposte rimangono vaghe o disattese. Nell’era di internet ci si affida allora a diete fai da te o, peggio, a programmi nutrizionali senza alcuna validità scientifica, che possono oltretutto arrecare danni, contribuendo ad un declino fisico e alla non tolleranza delle cure oncologiche, con conseguente peggioramento di uno stato psico-fisico già compromesso. Il supporto nutrizionale nei pazienti con tumori gastrointestinali è un percorso imprescindibile al fine di migliorare la qualità della vita e consentire una maggiore efficacia delle cure. I pazienti malnutriti hanno infatti una probabilità più elevata di abbandonare le terapie. Ne consegue che i pazienti oncologici con stato nutrizionale carente, hanno una prognosi peggiore, una qualità di vita peggiore e, purtroppo, una minore aspettativa di vita. Riteniamo fondamentale che tutti i Dipartimenti oncologici predispongano ambulatori dedicati alla nutrizione per tutto l’intero percorso diagnostico-terapeutico-riabilitativo. Il supporto nutrizionale dovrebbe rientrare a tutti gli effetti nei Lea ed essere garantito in tutti i centri di cura di ogni Regione italiana”.

Francesca Gabellini, Oltre La Ricerca
“In una patologia a decorso rapido come quella del pancreas, arrivare in tempo e sapere cosa fare sono due elementi fondamentali per garantire un percorso di cura dignitoso in grado di offrire sostegno al paziente, che deve sentirsi al centro di cure pensate per lui e con lui e ai familiari. Una diagnosi tempestiva e differenziale, capace cioè di discriminare il percorso più indicato, definita attraverso linee guida condivise e chiare, cambia di fatto non solo la qualità di vita del paziente e dei caregiver, ma tutela e rassicura anche i sanitari e ottimizza le risorse. Siamo convinti che l’equilibrio tra la evidence based medicine e la centralità del paziente e delle sue esigenze sia sempre da perseguire: per questo motivo, oltre ad affiancare i medici sul territorio, primi interlocutori del paziente sospetto per tumore al pancreas, oltre a ritenere necessario un raccordo rapido e risolutivo tra territorio e ospedale di riferimento, vorremmo che l’aspetto psicologico e quello nutrizionale (spesso considerati secondari) venissero invece rivalutati. Offrire la migliore cura non basta. Bisogna capire chi è il paziente che stiamo curando, quale storia racconta e avere il buon senso di mediare tra l’esigenza di cure ottimali e i reali bisogni del singolo caso. Per il tumore al pancreas in particolare offrire mesi in più di sopravvivenza ha valore se quel tempo, poco o tanto che sia, è un tempo di qualità. Limitando il dolore e i disagi, offrendo ascolto, dimostrandosi attenti alle singole istanze, restituiamo la dignità necessaria ad ogni essere umano per poter attraversare il percorso di cura con una giusta dose di appropriatezza delle terapie e rispetto per i bisogni più intimi”.

Piero Rivizzigno, Codice Viola
“Il tumore del pancreas viene diagnosticato spesso tardivamente e non ha molte opzioni terapeutiche, in particolare nelle fasi avanzate della malattia. La qualità delle cure non è omogenea sul territorio nazionale e infatti assistiamo ad una carenza di centri specializzati per il trattamento di questa neoplasia, in particolare al Centro-Sud. Abbiamo dati che evidenziano questa situazione. Ad esempio, nel caso del trattamento chirurgico, in Lombardia il 30% degli interventi di asportazione del pancreas viene effettuata in pazienti che arrivano da fuori regione. Inoltre, l’80% delle diagnosi di carcinoma pancreatico, mostrano che il tumore non è operabile e allora la terapia farmacologica diventa fondamentale. Anche il numero di oncologi specializzati nella presa in carico di un paziente con tumore del pancreas è molto limitato. Tutto ciò ha un impatto evidente sulla qualità delle cure e sulla stessa qualità di vita dei malati. Qualità di vita che dovrebbe essere un parametro prioritario lungo l’intero percorso di cura, che invece gode di una limitata attenzione. Lo vediamo perché discipline come la nutrizione, vitale nel tumore del pancreas, o la terapia del dolore o il supporto psicologico, non fanno parte di quella cultura della cura che dovrebbe invece essere più diffusa”.
 
Monica Rozzoni, My Everest
“Per noi di My Everest la ricerca scientifica rappresenta strada principale per ottenere risultati concreti e tangibili direttamente a beneficio dei malati. Infatti, il nostro impegno sta proprio nella raccolta di fondi per sostenere la ricerca. Con un certo orgoglio possiamo affermare di aver sostenuto e finanziato studi clinici indipendenti che hanno permesso di modificare lo standard di trattamento dei tumori del pancreas, identificando schemi terapeutici che hanno ottenuto l’approvazione di Aifa e oggi sono indicati come opzioni nelle Linee Guida di Aiom. Stiamo raccogliendo ancora fondi per un nuovo, ambizioso progetto di ricerca multicentrico italiano, che auspicabilmente migliorerà ulteriormente lo scenario terapeutico. Vogliamo essere protagonisti nella lotta contro il tumore del pancreas per cambiare la sua storia e quella dei pazienti”.

Claudia Santangelo, Vivere senza stomaco
“I tumori gastrointestinali sono patologie ad alta complessità clinica, specie se la malattia è in fase avanzata o in recidiva e richiedono una gestione ottimale del percorso diagnostico-terapeutico. Cosa chiediamo come Associazione dei pazienti per il nostro percorso di cura? Tre cose: reti oncologiche, uguaglianza di trattamento in ogni Regione italiana, e centri di cura specializzati e dotati di Unità multidisciplinari e multiprofessionali. La presa in carico dei pazienti con tumori gastrointestinali, in particolare quelli in fase avanzata, potrebbe essere molto migliorata attraverso un approccio multidisciplinare, che preveda diverse professionalità (oncologo medico, chirurgo, anatomo-patologo, radiologo, radioterapista, nutrizionista, fisioterapista, psicologo) tra loro collegate. Tutto ciò consentirebbe una gestione globale del paziente e della malattia con miglioramento dell’aspettativa e della qualità di vita dei malati”.

Barbara Tamagni, Aig - Associazione Italiana Gist
“All’interno della grande famiglia dei tumori gastrointestinali sono compresi anche i cosiddetti Gist che sono tumori rari. Le persone affette da un Gist sono doppiamente colpite: da un lato la malattia seria e complessa dall’altro la rarità del tumore stesso che ha diverse implicazioni. Una di queste riguarda proprio la diagnosi, che è il grandissimo problema dei Gist. In Italia da anni ci battiamo per la creazione di una rete nazionale dei tumori rari, che consentirebbe in primo luogo una presa in carico omogenea ed efficace del paziente Gist e soprattutto una diagnosi più tempestiva e corretta”.

Articolo Originale: http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?approfondimento_id=14980